Un 2024 di atletica: il sogno Roma, i record e…

23 Dicembre 2024

Il “romanzo” di fine anno: le 24 medaglie degli Europei in casa, Parigi con i suoi tre podi e 17 finalisti, i primati a raffica, i giovani che scalpitano. Tutto quello che resterà della stagione più intensa

di Fausto Narducci

Sta per calare il sipario sul 2024 che, per complessità di eventi, possiamo considerare uno degli anni più intensi dell’atletica italiana. Una stagione senza respiro perché non era mai capitato di trovare a distanza di pochi mesi gli Europei in casa da onorare e poi l’Olimpiade. L’impegno (vincente) degli azzurri è cominciato in inverno con i Mondiali indoor di Glasgow ed è terminato a fine autunno con gli Europei di cross. L’atletica giovanile, da cui molti talenti confluiscono nel movimento maggiore, hanno vissuto anche i Mondiali under 20 di Lima e gli Europei under 18 di Banska Bystrica con un contributo di medaglie sempre più significativo. In vista del brindisi di Capodanno, dicembre oltre al cross ha offerto altri due botti: il record italiano di Chiappinelli nella maratona a Valencia e la benaugurante vittoria di Stano nella 35 km di Dublino.

Anche il 2025 si annuncia molto intenso. Una sola rassegna internazionale titolata all’aperto (i Mondiali) ma, dopo gli stravolgimenti imposti al calendario dal Covid, ci saranno sia gli Europei sia i Mondiali indoor. Curiosamente l’Asia ospiterà i due principali appuntamenti della stagione in Cina e Giappone. A Nanchino, dal 21 al 23 marzo, i Mondiali indoor, a Tokyo dal 13 al 21 settembre quelli all’aperto. La stagione continentale si aprirà con gli Europei indoor di Apeldoorn in Olanda (6-9 marzo) e si concluderà con gli Europei di cross del 14 dicembre in Portogallo. Per la cronaca nel 2025 sono in programma anche le Universiadi nella regione metropolitana tedesca Reno-Ruhr dal 16 al 27 luglio.

Medaglie Italia nelle rassegne 2024
Mondiali indoor (Glasgow) 0-2-2
Europei (Roma) 11-9-4
Olimpiadi (Parigi) 0-1-2
Europei U18 (Banska Bystrica)  7-3-5
Mondiali U20 (Lima) 0-1-2
Europei cross (Antalya) 3-1-1

MONDIALI INDOOR: ITALIA TERZA POTENZA
Che si trattasse di un anno record si era già visto nella sequenza di record italiani indoor che alla fine dell’inverno sarebbero stati ben 24 (in 36 giorni). Ma, come sempre, doveva essere la prima rassegna internazionale della stagione a verificare la consistenza del nostro movimento. Ebbene, a Glasgow, nonostante l’assenza dei sette olimpionici, gli azzurri restano in cima all’onda che li spinge da Tokyo 2021. Due argenti con Lorenzo Simonelli (60hs) e Mattia Furlani (lungo) e due bronzi con Leonardo Fabbri (peso) e Zaynab Dosso (60): se non è primato poco ci manca. Per trovare quattro medaglie nella storia della rassegna arrivata alla 19esima edizione bisogna risalire infatti ai Giochi indoor (non ufficiali) di Parigi 1985 (dove brillò però l’oro di Giuliana Salce) e a Siviglia ’91 (dove però l’argento fu solo uno contro tre bronzi). Ma, a conferma che la crescita è anche globale, sono da record gli 11 finalisti, che migliorano i 9 della stessa Parigi e di Budapest 1989, e il terzo posto nella classifica a punti (50) dietro ai colossi Usa e Gran Bretagna. L’Italia terza potenza mondiale senza gli olimpionici è un dato che fa girare la testa. L’età media degli azzurri sul podio (22 anni e mezzo) fa venire invece i brividi. Anche pensando che i due argenti arrivano da due giovanissimi talenti come Simonelli (quarto record italiano stagionale con 7.43) e Furlani (8,22) che si sono arresi a due imbattibili come Holloway e Tentoglou, che poi si “ripeteranno” sul palcoscenico olimpico di Parigi. Con la differenza che l’argento del reatino brucia di più perché arriva a parità di misura con il greco (che come secondo salto ne ha tre migliori del suo) e col corollario di un nullo finale di 14 centimetri che poteva valere 8,60. I due bronzi più “stagionati” di Fabbri (21,96) e Dosso (7.05) hanno la caratteristica di confermare i precedenti record italiani: 22,37 per il toscano, 7.02 (dopo un 7.09 e un 7.05) per l’emiliana. Come dire che i record non vengono mai per caso. E a proposito di record a Glasgow, oltre a quello di Simonelli, arriva anche quello di Sveva Gerevini, quarta nel pentathlon con 4559 punti. Il suo è uno dei tre quarti posti (soprattutto nel suo caso non chiamiamola medaglia di legno) insieme a quelli di Catalin Tecuceanu negli 800 e di Zane Weir nel peso.

L’INVERNO DEI PRIMATI: MAI COSÌ TANTI
Con i due di Glasgow la stagione invernale si conclude con 21 record indoor, a cui vanno aggiunti i tre della strada per sancire che è stato davvero un periodo benaugurante per il prosieguo della stagione. Il pluriprimatista è proprio Simonelli che in quattro tappe è sceso da 7.50 a 7.43 nei 60hs. Lo segue Zaynab Dosso scesa da 7.09 a 7.02 in tre tappe. Ma la scossa più forte in una stagione tutta da ricordare arriva nel mezzofondo dove Tecuceanu (1:45.00) cancella D’Urso negli 800 dopo 31 anni e Pietro Arese (7:38.42) ritocca lo storico limite di Di Napoli (7:41.05) dopo 27 anni. Poi ci sono anche i quattro scossoni al primato dei 1500 in una sequenza (Arese, Federico Riva, Meslek, Meslek) che riscrive completamente la storia indoor della specialità. Un’onda record che dal mezzofondo arriva anche alla strada con il record della maratona maschile (Yeman Crippa 2h06:06) e della mezza femminile (Yaremchuk 1h08:27) a cui si aggiunge quello della marcia 20 km (Stano 1h17:26) che il 3 marzo suggella un inverno da incorniciare per la nostra atletica.

EUROPEI DI ROMA: RECORD DI ORI E MEDAGLIE, ESULTA MATTARELLA
Non è che non fossero prevedibili ma nessuno, neanche in casa azzurra, si era spinto così in là con l’immaginazione da ipotizzare le 24 medaglie e gli 11 ori che hanno impreziosito l’organizzazione casalinga degli Europei. Si partiva dai precedenti record di Spalato (5 ori e 12 medaglie) e dal quarto posto nel medagliere di Praga ’78 e Spalato ’90 che sono stati surclassati, come un corridore che doppia i rivali ben prima del traguardo. Complessivamente nel medagliere abbiamo infatti più che raddoppiato gli ori della seconda classificata (la Francia con 4 ori e 16 medaglie totali) risultato che si è riflesso nella classifica a punti con 235 punti davanti alla Francia con 194 e alla Germania con 164.

Gli 11 ori hanno assortito storie, conferme, aspettative e occasioni di riscatto dei protagonisti. Possiamo partire dall’unica che ha vinto due ori individuali, Nadia Battocletti, protagonista assoluta dall’inizio alla fine della stagione. La sua doppietta (con doppio record italiano) rappresenta una vetta talmente alta per un atleta che è difficile trovare paragoni nella storia dell’atletica azzurra. L’unico possibile è quello con Pietro Mennea (100-200 a Praga ’78) e Salvatore Antibo (5000-10.000 a Spalato ’90) che, in campo maschile, sono stati gli unici a precederla nella doppietta individuale a livello continentale.

Poi ci sono le conferme dei campioni olimpici di Tokyo: Marcell Jacobs (100) e Gianmarco Tamberi (alto) che con 10.02 e 2,37 (misura che resterà la migliore al mondo del 2024) mostrano una progressione che poi si svilupperà in modo diverso nel resto dell’anno. Dati tecnici alla mano (in base alla tabella ungherese) il valore massimo fra gli azzurri è però toccato da Lorenzo Simonelli che, qualora avesse ripetuto il record italiano di 13.05 (dopo il 13.20 in semifinale), sarebbe stato medaglia d’argento a Parigi con 4 centesimi di vantaggio su Roberts e Broadbell (dietro a Holloway). In campo maschile gli altri ori vengono da Leonardo Fabbri (peso), da Yeman Crippa (col bis della squadra di mezza maratona) e dalla 4x100 (Melluzzo, Jacobs, Patta e Tortu) che confermano i pronostici della vigilia. In campo femminile Sara Fantini (martello) domina la gara dal secondo lancio con un picco al quarto (74,10), Antonella Palmisano dimostra di non avere rivali festeggiando con la compagna Trapletti d’argento prima della delusione di Parigi.

Non tutti gli azzurri hanno la fortuna di essere ammirati dal vivo dal presidente Mattarella (due sere di fila all’Olimpico, la seconda in forma privata per continuare a esultare insieme agli azzurri), come l’argento dei 200 Filippo Tortu, ma è come se l’Italia fra una gara e l’altra non scenda mai dal podio. Come dimenticare i lunghisti della new wave rappresentata dai gemelli d’argento Mattia Furlani e Larissa Iapichino; o i due argenti nella 4x400 (maschile e mista) della nuova stella Luca Sito (5° individuale dopo aver ottenuto in semifinale il record italiano in 44.75 togliendolo a Davide Re). Alle spalle di Jacobs è d’argento anche Chituru Ali che di lì a poco sgretolerà il muro dei 10 secondi (9.96 nei 100 di Turku). Capitolo a parte, a conferma della profondità del movimento, per gli 11 record italiani fra cui spiccano per spessore il 47.50 con cui Alessandro Sibilio (argento dietro al marziano Warholm) supera il “maestro” Fabrizio Mori e in prospettiva quelli degli specialisti multipli Dario Dester (8235 punti) e Sveva Gerevini (6379) che aprono nuovi orizzonti alla specialità dei polivalenti. E con l’11.01 ottenuto in semifinale Zaynab Dosso sarebbe addirittura argento anziché bronzo nella finale dei 100 vinta dalla solida e solita Asher-Smith. A completare i podi azzurri un mezzofondo maschile particolarmente vivace (Catalin Tecuceanu e Pietro Arese, terzi negli 800 e nei 1500, Pietro Riva secondo nella mezza) e il bronzo di belle speranze nella 20 km di marcia per Francesco Fortunato, che insieme a Trapletti aveva esultato per l’oro ai Mondiali a squadre di Antalya nell’inedita staffetta mista.

OLIMPIADI DI PARIGI: SECONDO PUNTEGGIO DI SEMPRE, 17 FINALISTI
Si passa dai 5 ori di Tokyo a un argento e due bronzi a Parigi eppure, al di là del medagliere, è positivo il bilancio dell’Olimpiade francese che offre nell’atletica emozioni senza fine, di nuovo condivise dal pubblico. Dal clima ovattato di Tokyo, in piena pandemia, all’esplosione di colori che è lo Stade de France sempre esaurito nelle 17 sessioni di gara il passaggio è forte e l’Italia non sfigura, anzi. L’argento di Nadia Battocletti nei 10.000, dopo la medaglia accarezzata per pochi minuti nei 5000, vale come l’oro che non c’è. I due bronzi dei salti in estensione raccontano storie diverse: quella dell’atleta che a fine anno verrà scelto come “stella emergente” di tutto il movimento mondiale, Mattia Furlani nel lungo, e quella di uno che è addirittura all’esordio in maglia azzurra ma è all’apice della sua parabola sportiva, l’ex cubano Andy Diaz nel triplo. Ma in chiave statistica contano anche i piazzamenti in finale, quelli nei primi otto che compongono la classifica a punti di cui non si sottolinea mai troppo l’importanza. E qui l’Italia emerge in tutta la sua grandezza: 17 finalisti contro i 10 di tre anni fa, 65 punti contro i 49,5 di Tokyo. In chiave olimpica è il secondo bottino di sempre preceduto solo da Los Angeles ’84 con 20 finalisti, ma quella fu un’Olimpiade dimezzata per il boicottaggio.

Questa sarà per sempre soprattutto l’Olimpiade di Nadia Battocletti che, nella sua stagione d’oro, coglie l’attimo anche sul palcoscenico più importante estraendo due primati italiani dalle sue galoppate da protagonista. Ci sentivamo già appagati da quel quarto posto nei 5000 dove il record (14:31.64) era stato accompagnato da un clamoroso podio per la squalifica poi rientrata della keniana Kipyegon. Quattro giorni dopo Nadia sul podio ci sale davvero nei 10.000 che affronta per la quarta volta in carriera ma conduce col piglio della veterana. Il record italiano (30:43.35) la colloca dietro solo alla keniana Chebet, che fa il bis dell’oro dei 5000, ma davanti alla Hassan poi regina della maratona.

Se è vero che nessuno degli azzurri sul podio a Tokyo si ripete, è anche vero che a Parigi (come a Roma) sono pochissimi i flop non giustificati (Tamberi è un caso a parte). Dal quarto posto di Stano nella marcia al quinto posto di Jacobs con 9.85 nella finale dei 100 più veloce di sempre (più il quarto posto con la 4x100) l’Italia si fa sempre valere. Ai piedi del podio anche il ritrovato Stefano Sottile nell’alto e Larissa Iapichino che, nonostante la delusione immediata, mette un altro mattone per un futuro da protagonista. Tra i finalisti anche Pietro Arese, Dariya Derkach, Elisa Molinarolo, Daisy Osakue, la staffetta di marcia, le due staffette maschili e quella mista. Ci si poteva aspettare di più da Fabbri, Simonelli e Palmisano ma tutti e tre vivono circostanze particolari. Restano i quattro record italiani (oltre ai due della Battocletti, quelli di Arese e Vissa) a cui si aggiungono 7 personali e 9 stagionali. Bassa la percentuale degli eliminati al primo turno in una squadra che schiera 66 elementi. Il ricambio generazionale è testimoniato dal fatto che dei 10 finalisti i Tokyo se ne ripetono solo 5. Tutti dati, in qualche modo, positivi.

PRIMATI, PRIMATI, ANCORA PRIMATI
La trionfale stagione in pista si conclude con ben 20 record italiani assoluti in pista nelle specialità olimpiche. A questi si aggiungono i 5 della strada fra mezza, maratona e marcia: dopo i 3 dell’inverno qui i nuovi primati arrivano nella staffetta della marcia e ancora nella maratona maschile (Chiappinelli 2h05:24 a Valencia il 1° dicembre).

Sommando i 21 indoor quindi la stagione si conclude con 47 primati assoluti a conferma della continuità ottenuta dal movimento al di là delle rassegne titolate. Fuori dalle grandi manifestazioni da segnalare la doppia impresa di Leonardo Fabbri che dopo aver migliorato Alessandro Andrei (22,91) con il 22,95 di Savona, si ripete a Bruxelles con 22,98. Parziale consolazione della mancata medaglia olimpica di Parigi dove è stato penalizzato dalle condizioni meteo. In questo senso significativi anche i 6 primati di Zaynab Dosso che riscrive la storia dei 60 indoor e dei 100 all’aperto.

TRE DIAMANTI E SUPER GOLDEN GALA
Al culmine di una stagione di vertice l’Italia riscrive la sua storia anche nella finale di Diamond League il 13 e 14 settembre a Bruxelles. Tre diamanti sono un bottino senza precedenti, tutto concentrato nella seconda giornata. Leonardo Fabbri per vincere il suo deve compiere due imprese: battere per la seconda volta in stagione il fenomeno Ryan Crouser e stabilire il secondo record italiano 2024 outdoor con un 22,98 che migliora il 22,95 di Savona. Poi arrivano le vittorie di Larissa Iapichino (6,80) nel lungo e il sigillo di Gianmarco Tamberi che conquista il suo terzo trofeo (dopo quelli del 2021 e 2022) con 2,34 nell’alto. Con tre successi in finale siamo alla pari con gli Usa e dietro al solo Kenya (6). Le tre vittorie si aggiungono ai successi italiani nelle altre tappe del circuito ottenuti dagli stessi Iapichino (Parigi), Fabbri (Londra) e Tamberi (Chorzow) più quello di Andy Diaz a Roma.

Proprio in Diamond League si realizza a Roma, al Golden Gala, un altro successo italiano della stagione, soprattutto in campo organizzativo. Nella collocazione post-olimpica la tappa italiana, che raccoglie otto ori di Parigi, ottiene il miglior punteggio dell’era Diamond League con 94.554 punti, equivalenti a un prestigioso settimo posto nella classifica 2024 del circuito. Merito anche del record mondiale sfiorato nei 3000 siepi dall’oro olimpico Winfred Yavi che con 8:44.39 arriva a soli 7 centesimi dalla keniana Beatrice Chepkoech di Montecarlo 2018. Fra tanti risultati eccellenti si segnalano il 12.24 (quarta prestazione mondiale di sempre) della giamaicana Ackera Nugent nei 100hs e il 9.87 con cui il botswano Letsile Tebogo, protagonista assoluto della stagione, arriva a un centesimo dal suo record nazionale nei 100. In chiave italiana, a parte la vittoria di Andy Diaz nel triplo con 17,32, manca solo un centesimo a Sintayehu Vissa (sesta nei 1500) per il record italiano di 3:58.11 con cui a Parigi aveva cancellato Gabriella Dorio nei 1500. Uno dei boati più forti dell’Olimpico è anche per Nadia Battocletti che scende per la prima volta sotto i 4 minuti (3:59.19) nei 1500.

IL TRIONFO DI BANSKA, LE MEDAGLIE DI LIMA: COME CRESCONO I GIOVANI
Anche a livello giovanile si è trattato di una stagione di grande crescita, con prospettive importanti per Los Angeles 2028 (quando maturerà la classe 2005-2006) e Brisbane 2032 (quando maturerà la classe 2007-2008). Con l’eccezione di due velociste, che possono anticipare i tempi: Elisa Valensin, allieva, gareggia anche con le juniores in Perù centrando due finali e ottenendo il record italiano under 20 dei 400 (52.23). E Kelly Doualla (classe 2009) che a 15 anni fa incetta di record, facendo anche meglio dei tempi delle categorie superiori. Per i Mondiali under 20 di Lima, con le debite proporzioni, vale un po’ il discorso dei Giochi di Parigi: l’argento e i due bronzi ci collocano in 25esima posizione nel medagliere ma gli otto finalisti nella classifica a punti (33) valgono un 15° posto e tante prospettive per il futuro. Le tre medaglie eguagliano il miglior bottino di sempre ottenuto nel 2004 a Grosseto (e nel 1994 a Lisbona) ma in quel caso ci fu il doppio oro di Howe (200-lungo) completato dal bronzo di Laura Gibilisco nel martello. Le tre medaglie (argento di Matteo Sioli nell’alto, bronzo di Giuseppe Disabato nei 10.000 di marcia e di Erika Saraceni nel triplo) sono corredate dai primati personali e nel caso del marciatore dal record italiano. Gli altri finalisti sono Baiocchi (1500) in campo maschile; Valensin (400), De Noni (800), Cantò (marcia 10.000) e la 4x400 in campo femminile. A conferma di quanto questa nazionale abbia attinto dalle categorie inferiori il quartetto che si piazza al quinto posto nella 4x400 femminile stabilisce dopo 42 anni in batteria la migliore prestazione italiana allieve con 3:34.14: Margherita Castellani, Giulia Macchi, Laura Frattaroli ed Elisa Valensin sono tutte under 18!

Straripante l’Italia che partecipa ai campionati europei di Banska Bystrica (Slovacchia) sull’onda di quanto era successo nella rassegna continentale assoluta a Roma. L’Italia conquista 7 ori, 3 argenti e 5 bronzi dominando sia il medagliere sia la classifica a punti (145). Migliorato così il record di ori in una rassegna giovanile che apparteneva agli Europei under 23 di Tallinn 2021 con 6 ori. Le vittorie, tutte di grande spessore, arrivano da Diego Nappi (200), Kyan Escalona (110hs), Pietro Villa (giavellotto) e Alessio Coppola (marcia 5000) in campo maschile; Elisa Valensin (200), Serena Di Fabio (marcia 5000) e staffetta (Canovi, Castellani, Frattaroli, Valensin) in campo femminile. Fra i 6 record italiani di categoria spicca quello del doppio oro Elisa Valensin che nei 200 con 23.09 stabilisce anche quello under 20 che già deteneva con il 23.15 realizzato in maggio allo stadio dei Marmi di Roma.

EUROPEI DI CROSS: TERMINA L’ANNO D’ORO DI NADIA BATTOCLETTI
Così come era cominciata la stagione azzurra si conclude trionfalmente agli Europei di cross di Antalya in Turchia. Tre ori, un argento e un bronzo sono un bilancio che non ha precedenti nei 30 anni della manifestazione e le cinque medaglie hanno l’unico precedente di San Giorgio su Legnano nel 2006. Nel medagliere ci precede solo la Gran Bretagna (6-3-3). In copertina anche in questo caso Nadia Battocletti che vince con una magistrale condotta tattica la gara individuale e porta al successo anche la squadra femminile. Per lei è il quinto oro dopo quelli da under 20 e under 23, impresa mai realizzata da una donna e che a livello europeo ha l’unico precedente maschile di Andrea Lalli. La squadra femminile, mai sul podio agli Eurocross, grazie a Elisa Palmero (13esima) e Ludovica Cavalli (19esima) conquista una storica medaglia d’oro. Trionfo anche per la staffetta mista dove Pietro Arese completa il lavoro di Sebastiano Parolini, Marta Zenoni e Sintayehu Vissa resistendo nel finale alla Francia e alla Gran Bretagna. Solo il fuoriclasse norvegese Jakob Ingebrigtsen precede in campo maschile Yeman Crippa che ripete l’argento di 5 anni fa a Lisbona. La medaglia forse più inattesa è quella della squadra under 20 femminile: Lucia Arnoldo (12esima), Laura Ribigini (15esima) e Licia Ferrari (17esima).

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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbraccia gli azzurri allo stadio Olimpico (foto Grana/FIDAL)


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