Ingebrigtsen sulle orme di Keino

24 Luglio 2017

Per il 16enne norvegese, due vittorie su tre agli Europei U20 di Grosseto: 3000 siepi e 5000, dopo la caduta nei 1500 metri. Un’impresa tentata anche dal mezzofondista keniano alle Olimpiadi del ’68, con tre gare e due medaglie.

di Giorgio Cimbrico

Jakob Ingebrigtsen non ha ancora 17 anni - li farà a settembre -, viene da una famiglia di “cavalieri jedi” (la forza della corsa scorre superba nelle vene sue e dei fratelli), è molto ambizioso, è spigliato e il fatto di essere diventato il più veloce adolescente della storia nella più nobile delle distanze, il miglio, deve avergli aperto prospettive ampie quanto i lunghi anni che avrà a disposizione. L’eurotentativo di riportare a Sandnes, gobba della Norvegia sud-occidentale, tre corone è riuscito per due terzi (capitombolo nei 1500, vittorie nei 5000 e nei 3000 siepi), chissà cosa gli ha insegnato. A essere più prudente? A non porsi limiti? Vedrà lui.

Di certo c’è che era dal tempo di Kip Keino, detto King, che non si assisteva a un tale numero di impegni lunghi compressi in tempi brevi. La saga di Kip - che oggi ha 77 anni, ha una fattoria, dove produce miele e formaggio, e un’incalcolabile tribù di figli suoi e adottati - comincia nel ’68 a Mexico City, quando l’Africa inizia a fare incetta anche perché è la prima volta che si gareggia nelle condizioni in cui keniani e etiopi nascono e vivono, a 2000 metri abbondanti di quota.

Keino corre i 10.000 e si ritira quando sta per cominciare l’ultimo chilometro: crampi allo stomaco. A vincere è un altro keniano, Naftali Temu. Quattro giorni dopo, in fondo a un furibondo finale, Kip cede l’oro dei 5000, per due decimi, al piccolo tunisino Mohamed Gammoudi. Ancora tre giorni e, grazie all’aiuto del fedele gregario Ben Jipcho, stronca Jim Ryun vincendo i 1500 con un vantaggio abissale (tre secondi!) e con un record olimpico che migliora il meraviglioso 3:35.6 romano di Herb Elliott: 3:34.9 ai 2200 metri dell’alta sierra può trasmettere ancora oggi qualche fremito.

“Non so farlo bene ma mi diverte saltare gli ostacoli”, ridacchiava Kip quattro anni dopo, quando annunciò che, da neofita, a Monaco di Baviera avrebbe puntato sulle siepi prima di concentrarsi sui 1500, la distanza che amava. Ancora una volta accompagnato da Jipcho, suo primo scudiero, tenne a bada il mentuto finlandese Tapio Kantanen che finì terzo. Ma un altro atleta di Suomi si sarebbe rivelato fatale per il formidabile KKK: Pekka Vasala aveva gareggiato a Messico e ne era uscito, più che con le ossa rotte, molto svuotato: colpito dall’imbarazzante maledizione di Moctezuma. O Montezuma, come si scriveva allora.

Vasala aveva un aspetto ieratico, da pastore luterano, ma riponeva fede soprattutto nell’allenamento. Che poi si aiutasse in qualche modo, si è spesso detto, mai dimostrato. Il latteo Pekka e il nero Kip corsero fianco a fianco, con una sincronia da balletto. Augusto Frasca possedeva una gigantografia bianco e nero che li rendeva simili a due eleganti fenicotteri. Vasala, che corse una seconda parte in uno stordente 1:49.0, ebbe la meglio in 3:36.3, lasciando Kip a mezzo secondo.

Qualcuno racconterà a Jakob questa storia? E che effetto farà sullo Stakanov che viene dai fiordi? Importante, per il momento, è non fargli sapere che esiste anche una distanza che si chiama maratona.

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